Torna la scala mobile! Ma in South Dakota

Nelle elezioni USA di mid-term del 4 novembre (che hanno registrato la sconfitta di Obama) oltre che per eleggere i più diversi organi federali, statali e locali, si è votato anche su varie proposte di iniziativa popolare.

In quattro stati: Alaska, Arkansas, Nebraska e South Dakota sono state sottoposte al giudizio dei cittadini altrettante misure di incremento del salario minimo, che ricordiamo negli Stati uniti è sempre corrisposto al netto non essendovi alcuna ritenuta alla fonte.In tutti questi Stati le proposte sono state approvate a grande maggioranza: dal 69% dell’Alaska al 55% del South Dakota. In quest’ultimo Stato poi, la norma approvata dagli elettori ha disposto che dal 2016 … “questo salario minimo sarà annualmente rettificato sulla base dell’aumento del costo della vita. L’aumento del costo della vita è misurato dalla variazione dell’indice dei prezzi al consumo pubblicato dal Dipartimento del Lavoro. In nessun caso il salario minimo deve essere diminuito”.

Ma è la nostra vecchia scala mobile!

Quell’indicizzazione dei salari in uso dal 1945 al 1993 e sulla quale si sono appuntati gli strali di tutti i nostri santoni liberisti – a partire da Craxi nel 1984 – come oggi sull’articolo 18, come il più forte ostacolo agli investimenti e allo sviluppo economico.

Il bello è che il South Dakota è uno Stato “conservatore” (il governatore, i due senatori e il deputato federali e la maggioranza in entrambi i rami delle legislatura statale sono repubblicani).

E così mentre i bravi repubblicani del South Dakota introducono la scala mobile in salsa western, gli italici democratici, con a capo un leader innovatore che più “ammerecano” non si può, si appresta ad abolire l’articolo 18, ultima diga per i lavoratori contro lo strapotere dei mercenari svizzeri al servizio della Fiat!

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