Recuperare il progetto del Brancaccio: intervento PRC a Firenze

Recuperare il progetto del Brancaccio

Intervento del Segretario provinciale PRC Firenze, Dmitrij Palagi, all’assemblea fiorentina Per un’alleanza democratica del 7 novembre 2017

Alle assemblee di questo percorso sono sempre intervenuto come Segretario di Rifondazione Comunista e lo stesso farò questa sera, anche perché fra poco, nonostante abbia 28 anni, saranno più gli anni da militante che quelli passati nella scuola dell’obbligo. Non so che idea abbiate dei partiti, anche se purtroppo sono consapevole dell’idea diffusa che c’è verso questo forma organizzata della politica. Vi posso però garantire che questa mattina ho iniziato a ricevere diversi messaggi stupiti da parte delle iscritte e iscritti. Non vi dico che sono stato inondato, perché siamo poco più di 400 persone nella Federazione di Firenze, ma dal momento che ero a lavoro mi sono ritrovato un po’ spiazzato nel cercare di capire cosa fosse successo.

Aprendo Facebook si è rivelato evidente il problema. Una rivelazione sull’Huffington Post, nemmeno fossimo in una serie televisiva sugli intrighi della Casa Bianca, ci ha reso noto un documento. È poi seguita una nota di Falcone-Montanari in cui si precisava di come quel testo fosse un punto di inizio, con l’invito alle altre realtà di prendere parte al nuovo processo avviato, citando esplicitamente Rifondazione e Altra Europa. Il problema è che ci eravamo detti che il punto di partenza era stata l’assemblea convocata al Brancaccio mesi fa. Le compagne e i compagni a titolo individuale si sono impegnati nei diversi passaggi di discussione e nei gruppi di lavoro. Ora la sensazione è che sia stato tutto inutile. Più si avvicina la scadenza elettorale, maggiore è la confusione. Già è ridicolo presentarsi ad ogni tornata elettorale con un simbolo diverso, figurarsi cambiare ogni pochi mesi il progetto.

Capisco chi dice di non volere liste dello zero-virgola. Non servono però nemmeno le zattere della salvezza per eleggere qualche istituzionale, anche perché non è solo il piano della rappresentanza quello in cui si esaurisce la politica. Che garanzie avrò per la pensione, per i finanziamenti alla ricerca e per la sanità pubblica, ad esempio, se non si chiariscono i contenuti e ci si limita a voler mandare in Parlamento qualcuno?

Il fatto che le esperienze di sinistra unita non spostino un astenuto o un elettore del 5 Stelle, se non le poche persone che di volta in volta ci rivelano che “se non saremo uniti non ci daranno più fiducia”, ci dovrebbe insegnare quanta disperazione trasmettano i meri accordi tattici privi di progettualità.

Le uscite del 7 novembre sono quindi sbagliate sotto tutti i punti di vista. Sul piano comunicativo, su quello progettuale, su quello tattico, su quello strategico e in generale nel loro messaggio politico. Creano confusione e vanno in una direzione opposta a quella che ci siamo dati in questo stesso percorso.

Bene quindi il documento proposto [votato e approvato a fine serata], che contribuisce a diminuire il disorientamento, ribadendo quanto già avevamo deciso. Come Rifondazione non siamo disponibili a condividere la lista elettorale con chi sostiene le Giunte di Nardella e Rossi: non per una questione di storie passate ma per il presente. Fare opposizione a qualcuno e poi allearsi con lo stesso è il modo migliore per rinunciare ad ogni possibile credibilità.


Documento approvato dall’assemblea fiorentina per un’alleanza democratica, proposto da Andrea Bagni il 7 novembre 2017

Non abbiamo più molto tempo.

Nei prossimi due o tre mesi si decide molto del progetto che è partito dal Brancaccio il 18 giugno.

Non c’è più tempo per le mediazioni, gli spostamenti e le attese dei ceti politici. Ne abbiamo perso anche troppo forse. Non si tratta di non riconoscere o demonizzare storie di sigle e di persone che sono anche generose e nobili. Ma si è scavato un abisso in questi anni fra la società e la sfera della politica istituzionale. Chi ha vissuto chiuso nei palazzi sembra avere del tutto perduto il contatto con i sentimenti e il pensiero del “mondo di sotto”. Non lo conosce più. Parla un altro linguaggio. Non ne riconosce i bisogni e i desideri, non ne immagina le possibilità.

La nostra proposta era ed è una proposta unitaria – ma per cambiare tutto. Non per perdersi in un minimo comune denominatore incapace di accendere passioni. Per uscire dal paradigma del neoliberismo che ha prodotto in alto, attraverso i governi di centrodestra o centrosinistra, devastazione del territorio, mercificazione del lavoro e del sapere, continui attacchi alla democrazia costituzionale (dopo aver distrutto quella materiale). In basso, nella società, un’antropologia aggressiva e competitiva, fatta di passioni tristi, di solitudine paura e rabbia, chiusura al dramma delle migrazioni, ribaltamento etico che colpevolizza le organizzazioni umanitarie e i gesti di umanità.

Occorre rovesciare il tavolo. Proporre e rappresentare una svolta radicale che intercetti la sofferenza diffusa e parli al sentimento di estraneità di quell’ampia parte della società che ha smesso di votare, è disincantata, non ha nessuna nostalgia per il centrosinistra e coltiva un interesse per le vicende dei suoi vecchi leader che  è probabilmente vicino allo zero. Se non sotto lo zero.
Non è vero peraltro da molto tempo che le elezioni si vincono al centro, con moderazione e rassicurazioni. Si è vinto quando si è difeso la lettera e lo spirito della Costituzione. Il suo programma radicale di giustizia e il suo progetto di un’altra democrazia rispetto a quella degli “uomini forti soli al comando”: sempre uomini, sempre arroganti, proprietari del marchio (commerciale più che politico), circondati da una corte di servi fedeli. Una democrazia quella costituzionale che non è disturbata dalla partecipazione delle cittadine e dei cittadini; che non è lontana dalla loro vita. Un progetto politico che deve riguardare tutta l’Europa se vuole esistere – e se vuole esistere l’Europa.

Se ci rivolgiamo a quel mondo del disincanto e della lontananza non sono le figure istituzionali, sia pure pulite e corrette, che ci possono interessare; né i continui falsi movimenti dei soliti ceti politici. Tanto meno la loro semplice sommatoria. Forse è meglio correre il rischio di mancare l’obiettivo di una lista unica della sinistra, che essere vissuti come ennesima articolazione di un mondo di sigle stanche, attente solo alla loro riproduzione.

Ci interessa costruire una proposta politica e un discorso pubblico che possa rappresentare donne e uomini, ragazze e ragazzi – esclusi e delusi. Che dia loro spazio e voce per costituire un’alternativa e non limitarsi alla rabbia solitaria che si esprime nell’urlo e usa il voto come strumento di vendetta contro la “casta”. Occorre un programma netto sui temi di fondo, elaborato e partecipato il più possibile collettivamente.  Un programma con elementi chiari e concreti, che invece non troviamo nel documento pubblicato oggi 7 novembre sull’ Huffington Post.
Occorre dire Stop al fiscal compact eliminandolo dall’art. 81 della Costituzione e chiedere la riscrittura dei Trattati europei. Basta con le privatizzazioni e le esternalizzazioni dei servizi pubblici. Vanno ricostruiti i diritti di chi il lavoro ce l’ha, di chi l’ha avuto e di chi non ce l’ha: ripristinare ed estendere l’articolo 18, cancellare la legge Fornero, realizzare il reddito di autodeterminazione e riduzione dell’orario di lavoro, abrogazione della “buona scuola” e no all’alternanza scuola-lavoro. Tagli delle spese militari e riconversione dell’industria bellica, No TAV e No TAP per nuova e buona occupazione nelle opere diffuse di manutenzione del territorio e delle città.

È necessario andare avanti con una notevole determinazione, chiara e cristallina, per costruire una sorta di lista Brancaccio, con criteri di scelta delle candidature che rendano coerenti messaggio e messaggeri: persone che non vengano dal passato, da ruoli di rappresentanza nella passata stagione del centrosinistra e dal professionismo politico,  perciò credibili quando propongono una svolta radicale dei contenuti e delle forme del fare politica.

Occorre una pratica collettiva che prefiguri e inauguri uno spazio pubblico capace di accogliere le diversità di storie e biografie, per costruire un tessuto di relazioni civili e di confronto che non ricadano nell’aggressività o nel narcisismo di chi sa appartenere solo a ciò che è uguale a se stesso. Uno spazio dove torni a essere possibile portare la propria storia, i propri problemi e desideri,  tutta intera la nostra vita.

Una soggettività politica è cosa certo diversa e più complessa di una lista elettorale, ma dall’esperienza di una lista e da una presenza in parlamento può avere spinta e senso.
Per cominciare a esistere. Per rappresentare un’alternativa alla miseria politica, culturale e ormai anche etica che ci circonda.

Per questo organizziamo la presenza la più vasta all’assemblea del 18 novembre a Roma, perché sia l’assemblea sovrana che lanci la lista per CAMBIARE TUTTO, davvero.

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