Per le autorità fiorentine i terroristi sono i kurdi del PKK e non il governo di Erdogan

Segreteria Provinciale PRC Firenze, 8 febbraio 2017

Il clima di repressione e la “lotta al degrado” che si sono intensificate negli ultimi tempi a Firenze stanno portando le autorità ad uscite che definiamo ridicole per non usare altri aggettivi.

Non solo una lotta implacabile alle occupazioni, anche culturali (ultimo caso lo sgombero, dal niente, di Villa Panico, con l’arresto di tre persone) ma adesso anche la diffusione di un’allerta altissima in occasione dell’anniversario dell’arresto del leader kurdo Öcalan, incarcerato nel 1999 per responsabilità dell’allora governo D’Alema.

Sui giornali leggiamo che, su incitazione dell’ambasciata e delle autorità turche, nel capoluogo toscano e a Pisa è stata diffusa un’allerta per pericoli di attentati da parte delle organizzazioni kurde, PKK in primis.
Arrivare a pensare che questo costituisca un pericolo reale è a dir poco fazioso: da anni le associazioni e i partiti fiorentini collaborano con gli esponenti kurdi su tematiche come la pace, la lotta al terrorismo, l’emancipazione delle donne ed il pacifismo. Anche le istituzioni regionali hanno organizzato momenti di confronto con le realtà legate a chi oggi continua a resistere in modo organizzato alla barbarie dell’Isis.

Che le istituzioni continuino a nascondersi dietro alle posizioni di chi a livello internazionale si ostina a categorizzare il PKK come un’organizzazione terroristica, ignorando la sorte che è toccata ad Abdullah Öcalan, sottoposto ad un’incarcerazione di isolamento decennale da parte del governo turco, è inaccettabile. Si diffonde il panico discreditando i kurdi, vero baluardo contro l’avanzamento dell’Isis, e si accettano le condizioni del governo di Erdogan, che incarcera migliaia di insegnanti, giornalisti ed oppositori politici.

È impensabile che a Firenze (e in generale in Europa) si continui a strizzare l’occhio al governo turco, cedendo ai suoi ricatti per riuscire a mantenere in piedi un accordo sulla gestione della rotta balcanica dei migranti. E soprattutto, è inaccettabile che a pagarne le conseguenze siano le organizzazioni che lavorano sul territorio per diffondere la causa kurda, parlando di pace, di uguaglianza e diritti.

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