Il Segretario nazionale nella sua relazione ha ricordato che applaudire è semplice, quando ci proponiamo di rifiutare ogni facile scorciatoia politica, in nome della coerenza e della chiarezza, mentre è meno facile praticare questa alternatività al sistema in cui siamo chiamati ad agire.
Una costante nelle nostre discussioni è il ricordarci della necessità di non dedicare tempo agli inutili dibattiti sull’unità della sinistra, a costo di dedicare il fulcro degli interventi a ciò che non dobbiamo fare, mettendo in secondo piano la realizzazione concreta degli obiettivi che ci diamo. A fine mese presentiamo a Firenze un libro (Guai ai poveri) sulla povertà negli Stati Uniti, insieme all’autrice (Elisabetta Grande) e Paolo Ferrero, tra gli altri invitati. Vorremmo dare all’appuntamento un impianto programmatico, rispetto alla necessità di dare risposte a chi vive in condizioni di difficoltà economica. Sul piano personale, nella lettura del testo, ho provato un certo brivido a ritrovarmi nella categoria del “rischio di povertà”, con un affitto che impegna oltre la metà del mio stipendio. Non basta neanche lavorare a tempo pieno per arrivare a fine mese, anche in Italia.
In questi giorni, in poche sale italiane, si proietta un film francese (Chez nous – A casa nostra) dedicato alla storia di una infermiera a domicilio, figlia di un operaio comunista, che accetta di candidarsi per una formazione di estrema destra (il richiamo al Front National è camuffato ma esplicito). Come è possibile il venire meno di anticorpi costruiti nel corso del secolo scorso? Le polemiche sui sindacati o sugli “amici dei migranti” sono certamente conseguenza degli errori della sinistra occidentale del recente passato, convinta di poter governare la “fine della storia” e regolare il mercato secondo principi di equità.
Temo però che si sottovaluti l’assenza di significato con cui vengono colte le nostre parole d’ordine. Cito a titolo di esempio un valore teoricamente egemone nel paese ospitante il Vaticano, la solidarietà. Purtroppo mi capita spesso di lavorare a contatto di lavoratori dipendenti con basso salario incapaci di provare empatia verso altri esseri umani, in grado di dare il 5 per mille ad un canile e il 2 per mille alla Lega Nord.
Smettere di dare per scontata la nostra identità forse è uno stimolo utile e necessario. Ad un’iniziativa tenutasi ieri sera con dei dirigenti nazionali di Possibile e Sinistra Italiana sono rimasto colpito dal merito delle analisi proposte. Qualcuno è arrivato ad affermare la necessità di “rimboccarsi le maniche” per uscire dalla crisi economica, ad elogiare le capacità imprenditoriale dei creativi statunitensi.
Alla Federazione di Milano, da Firenze, abbiamo chiesto la disponibilità per lavorare insieme ad un convegno sull’industria 4.0, da mettere ovviamente a disposizione di tutto il partito, magari all’interno di una festa, che nuovamente proponiamo al livello nazionale, avendo anche voglia di migliorarla rispetto agli ultimi due anni, sul piano organizzativo.
Ho citato alcuni passaggi in modo sintetico perché sono certo dell’assenza di contraddizione tra l’essere disponibili ad ogni unità possibile e riuscire a mantenere una coerenza rispetto alla linea politica.
La prassi è l’ambito in cui si possono verificare le convergenze, molto più della teoria. Rimettere al centro le condizioni materiali dei settori sociali di riferimento non può rimanere un vuoto auspicio: pensare che non lo si sia fatto abbastanza per mancanze nostre è ingeneroso e sbagliato. La società è cambiata. Persino la fruizione degli eventi sportivi avviene spesso in termini individuali. Si sono smantellati quasi tutti i luoghi di aggregazione e confronto. Di grande utilità potrà essere individuare un metodo capace di rendere conto delle nostre pratiche, coinvolgendo tutti i livelli, o almeno partendo da quello delle Federazioni. Non si tratta di verificare il lavoro degli altri ma il modo in cui noi impegniamo il nostro tempo.