Il tempo dentro Rifondazione Comunista

Il tempo dentro Rifondazione Comunista

Traccia seguita dal Segretario provinciale Dmitrij Palagi, per l’introduzione del Comitato Politico Federale del 29 ottobre 2018

Care compagne e cari compagni,
la fine del mese di ottobre ci saluta con la brutta vittoria delle destre in Brasile. Il contesto internazionale prosegue nel dare segnali di preoccupante arretramento, non solo delle formazioni politiche tradizionali, socialdemocratiche o popolari che siano, ma di tutto il panorama progressista a cui erano rimaste ancorati i corpi intermedi sociali e sindacali. Alcuni segnali di controtendenza non mancano, ma è evidente come anche il panorama della Sinistra Europea si mostri frastagliato in larga parte del vecchio continente. Gli orizzonti attorno a noi non ci appaiono luminosi e l’involuzione di Potere al Popolo contribuisce a una stanchezza che andiamo progressivamente accumulando.

Nell’aprile del 2016 avevamo organizzato un’iniziativa dal titolo La sinistra mette tristezza?. In quella occasione era emersa una tendenza politica diffusa nel creare realtà autoreferenziali: nel linguaggio diffuso oggi si utilizza l’espressione bolla. Un isolamento inconsapevole in una sfera ha il vantaggio di trasmettere familiarità, di corrispondere a quanto conosciamo e ci aspettiamo.

Nella società in cui viviamo, secondo diversi studi, la tecnologie digitali sarebbero diventate delle protesi, capaci di mutare la relazione tra i nostri corpi e ciò che ci sta intorno. Un mutamento radicale riguardante la percezione della realtà e sempre maggiori parti della nostra quotidianità. Il tutto connesso con la dimensione di un tempo vissuto solo nel presente, senza un’idea di dove siamo rispetto al presente e al futuro. Un disorientamento da non imputare al solo nostro Partito dunque, ma che sicuramente avrebbe interessato anche noi.

Spesso abbiamo avuto modo di confrontarci su cosa sia la nostra organizzazione per chi non ne fa parte. Ambiamo a essere strumento utile per le nostre classi di riferimento, ma difficilmente ci soffermiamo su chi siamo e soprattutto su come siamo visti dall’esterno, o in generale se siamo percepiti.

Nell’esperienza di Potere al Popolo, in alcuni estemporanei frangenti, sono emerse idee sulla forma adatta per l’agire politico nella contemporaneità. Condivido con voi alcuni punti a cui si richiama facilmente la mia memoria: avanguardia, gruppi dirigenti, rapporti verticali o orizzontali, internità ai movimenti, interlocuzione con le sigle sindacali, partecipazione democratica, ruolo delle assemblee, valore della rappresentanza, scelta delle pratiche su cui investire.

L’assenza dal Parlamento nazionale da numerosi anni non è stata un’opportunità per provare a metterci in discussione, anche perché siamo impegnati a far fronte a continue emergenze, oltre a debiti e diminuzione di quadri dirigenti.

Alla fine del 2018 saranno tre anni e mezzo che ricopro l’incarico di Segretario provinciale: nell’ultimo periodo confesso di essermi sentito schiacciato da quanto ci sia da fare per il rilancio della nostra organizzazione, oltre a percepire tutto il peso dei limiti in cui siamo confinati. Avevo anche pensato di presentare a questo organismo la disponibilità del mio mandato, avendo tradotto sul territorio la linea emersa a livello nazionale e condividendo con il gruppo dirigente centrale le responsabilità delle scelte fatte. Sono comunque convinto che non fosse possibile fare altrimenti. In un Partito si può dissentire, ma occorre poi cercare di dare il massimo contributo alla sua tenuta, anche applicando le decisioni prese, nei limiti ovviamente della libertà di ogni persona.

Ho voluto provare a definire le mie responsabilità, rivolgendo l’attenzione al nostro statuto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 novembre 2017. In quegli articoli ho trovato un modello che ha smesso di ispirarci. Nonostante il rischio di scioglimento per consunzione ci sia noto, continuiamo a dare per scontato la nostra esistenza, in attesa di capire che fine faremo, quasi non dipendesse da noi in modo significativo (seppure non esclusivo).

Vi propongo un solo passaggio, in cui ci suggeriamo di tendere «ad anticipare e a sperimentare la quotidianità e la qualità totalmente democratiche delle relazioni in quella società socialista futura per la quale il partito si batte».

Penso sul metodo sia necessario interrompere l’immersione totale in un flusso di costante emergenza, magari continuando a confrontarci con rivolge i suoi studi o la sua attenzione tanto alla società in generale quanto alle organizzazioni della sinistra radicale.

Su come raggiungere i nostri obiettivi alcune indicazioni ci sarebbero. I gruppi dirigenti devono avere «responsabilità definite» e si devono vedere assegnati «modi di esercizio di queste responsabilità», verificando i risultati ottenuti, recita l’articolo 5.

Anziché vivere in una sorta di congresso permanente, con posizioni segnate tra un congresso e l’altro, ridefinite solo in parte all’ultimo Comitato Politico Nazionale in quattro documenti, dovremmo tentare una risposta coinvolgendo le assemblee delle iscritte e degli iscritti.

Il dispositivo proposto va in questa direzione, evitando tempi troppo lunghi e richiedendo aggiornamenti puntuali nel corso dei prossimi due mesi. Le ragioni della Rifondazione Comunista non sono state superate dal tempo, ma vivono nella crisi sociale che soffia da ormai oltre un decennio e nell’assenza di prospettiva di chi si richiama alle numerose ed eterogenee esperienze delle realtà comuniste del Novecento.

Il XXI secolo può essere analizzato come punto di arrivo del passato e come base per la nuova società che vorremmo. Confrontarci con la dimensione del tempo vuol dire sia divenire consapevoli delle nostre effettive possibilità, sia provare a fare i conti con tutto quello che sta fuori la nostra organizzazione, senza ridurre ogni discussione a una proiezione dei nostri rapporti interni.

La sintetica relazione introduttiva è dovuta a una necessità soggettiva: credo necessario il riuscire a mettere in discussione noi stessi e il capire come lavorare immediatamente su questo aspetto, senza limitarci a scrivere del rilancio del partito o del tesseramento.

Quali sono le ragioni per cui in ogni scadenza elettorale ci sembra di ripetere gli stessi errori?  Penso sia il non ritenerci sufficienti per perseguire i nostri obiettivi, riducendoci a sostenere vertenze che si realizzano a prescindere da noi. Questo vale sul piano locale come su quello europeo.

Potremmo a lungo dibattere sul contingente, ma rimangono le ragioni di fondo della crisi dell’esperienza della Rifondazione Comunista. Non mancano obiettivi immediati, analisi e orizzonti più ampi: ci occorre invece fiducia in noi stessi e capacità di metterci in discussione.

I nostri problemi non sono solo nostri. Negli altri paesi europei la sinistra vive contraddizioni in cui ci troviamo rinchiusi da almeno due decenni. Provare a guardare agli orizzonti complessivi non implica la rimozione dei problemi immediati, o snaturare il dibattito sulle scelte tattiche fatte: credo anzi sia la strada giusta per trovare soluzioni pratiche nel presente e nel breve periodo.

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