Il CPF ha registrato la sottoscrizione dei documenti da parte di 51 membri su 52, di cui 38 per il primo documento (74,51%) e 13 per il secondo (25,49%). Su proposta della Segreteria si è eletto una commissione di cinque membri, di cui tre al primo documento (60%) e due al secondo (40%). Abbiamo voluto creare le condizioni per un agevole coinvolgimento di entrambi i documenti.
Il Partito, il centenario, la Rivoluzione, l’apertura della fase Congressuale.
Comitato Politico Federale, 27 gennaio 2017 – Relazione introduttiva del Segretario provinciale, Dmitrij Palagi
“Ci sono dei momenti in cui il popolo ha solo bisogno di un uomo seguito da alcuni altri…; parlo di proposito di «un uomo e di alcuni altri» perché il primo non rappresenta nulla se non è sostenuto da un gruppo attivo che ha fede in lui e in cui egli abbia fiducia: in altre parole da un partito. Un partito, un cervello, una volontà, e la storia sarà realizzata” (1).
Quelle appena citate sono parole di Victor Serge, tra le penne più brillanti coinvolte nella Rivoluzione d’Ottobre, figura sfuggente alle categorie contemporanee e in grado di evidenziare una delle novità rappresentate da Lenin e dall’evento di cui quest’anno ricorre il centenario. “Nel crepuscolo della civiltà diede al proletariato una nuova ragione di vita: la conquista del potere” (2). Per sfuggire alla commemorazione di un defunto, come rischia di fare chi guarda solo alla storia, possiamo vivere questa fase congressuale come una riflessione sulle ragioni presenti del Partito della Rifondazione Comunista. Il X congresso ci trova in una condizione di particolare debolezza, con un continuo calo degli iscritti ed uno scoramento particolarmente accentuato nei confronti, non sempre civili, tra le compagne ed i compagni sulla rete.
Apro questo ultimo Comitato Politico Federale dopo diciotto mesi dall’elezione come Segretario Provinciale. Parto ringraziando Andrea Malpezzi per aver costruito le condizioni per il lavoro di questo anno e mezzo. In seconda battuta la riconoscenza va alla Segreteria provinciale, senza la quale non sarebbe stato possibile nessuno dei risultati su cui brevemente mi soffermerò, e ad Antonella Bozzi, alla quale il Partito deve molto: con lei, Alberto, Anna, Daniele, Diletta, Domenico, Giancarlo, Lorenzo e Roberto abbiamo condiviso un cadenza settimanale delle riunioni, oltre a tutti gli altri impegni a cui abbiamo dovuto far fronte. A tutti i membri del Comitato Politico Federale sono grato per aver ascoltato ben quindici relazioni (se contiamo anche questa) ed aver contribuito all’elaborazione delle proposte declinate sul nostro territorio: ci siamo convocati con una cadenza sostanzialmente mensile senza che sia mai mancato il numero legale, se non una volta (in questi casi la forma è anche sostanza).
Credo di essere stato uno dei pochi Segretari provinciali a dover lavorare a tempo pieno al di fuori della realtà del Partito: questo aveva creato perplessità, comprensibili, in alcune persone, rispetto alla disponibilità di tempo che avrei potuto dedicare alla nostra organizzazione. Il tessuto militante dei nostri Circoli e la Segreteria mi hanno permesso, nel 2016, di concludere anche il percorso accademico: penso sia un dato che conferma, a suo modo, la nostra capacità di creazione di un gruppo dirigente diffuso e di un’organizzazione che va nella giusta direzione.
Le due feste nazionali si sono aggiunte a tutte quelle abitualmente portate avanti nella nostra provincia (Borgo San Lorenzo, Galluzzo, gli appuntamenti in Valdelsa – a Castelfiorentino e Gambassi, Settembre Rosso ad Empoli, la Festa della Sinistra a Lastra a Signa) e all’appuntamento provinciale di Sesto Fiorentino, dove le amministrative hanno registrato un importante risultato, con un aumento di voti assoluti e di preferenze per le compagne e i compagni di Rifondazione Comunista (presenti con il nostro simbolo, seppure in una coalizione alternativa a Partito Democratico e Sinistra Italiana, divisi a loro volta). Il referendum costituzionale ha visto la vittoria del sì in buona parte della Regione Toscana, compresi i comuni di Firenze e quelli limitrofi. Nonostante nel nostro territorio la maggioranza relativa si sia espressa in tal modo, possiamo ritenere importanti i risultati ottenuti, avendo pochi elettori di destra da ascrivere al “fronte del no” ed essendo stati in grado di distribuire, come PRC, sia il materiale del Comitato che il nostro (compresi gli oltre 40.000 volantini a colori da noi realizzati). Abbiamo partecipato e promosso iniziative sulle “ragioni di classe del no”, dando una chiara connotazione politica al nostro impegno referendario, in modo costruttivo e senza rifiutare azioni comuni con le altre realtà.
Due mesi fa avevamo distribuito una tabella parziale sulle attività svolte in poco più di un anno. Inutile ritornare su quanto già detto e nel volerla integrare ho già ripetuto alcune delle cose che ci siamo detti a dicembre. Come dimostrerà il bilancio, possiamo però affermare di aver più che dimezzato il nostro debito e di poter raggiungere una situazione di parità tra il 2017 ed il 2018. Aver potuto utilizzare delle risorse per il referendum di cui sopra, per i manifesti del tesseramento, le penne, le magliette, le bottiglie di vino: sono tutti segnali che, così come la stampa di un bollettino informativo della Federazione fiorentina, vanno nella direzione di un’uscita dalla costante emergenza e dell’investimento in un’attività programmata. Un conto è dover militare per appianare un passivo economico, un altro avere risorse a disposizione per l’azione politica. Abbiamo ancora molto da fare in questa direzione ma possiamo ascrivere anche questo ambito tra le cose di cui ritenerci soddisfatti.
Sul piano del tesseramento invece il lavoro deve essere avviato in discontinuità con le pratiche presenti. La speranza è che sia adeguata la risposta data dalla riorganizzazione approvata dal Comitato Politico Federale, suggerita ai Circoli e alla Commissione che eleggeremo. Meno Circoli, ma più iscritti, cellule, militanti, dirigenti, gruppi di lavoro. Le questioni formali sono superflue e diventano vuote parole se non vengono praticate, se non si rispettano le regole che scegliamo di darci. Passare da ventotto a diciassette circoli può essere una sconfitta, se non riusciamo a sviluppare tutte le risorse che abbiamo ed invertire il rischio di scioglimento del Partito per consunzione (di cui discutiamo da ormai oltre un anno). Il 2017 deve essere l’anno in cui torniamo ad essere oltre 400 iscritti nella nostra Federazione, puntando alla cifra tonda di 450. Oggi pochi fanno troppo e chi è gravato da una qualche responsabilità non riesce ad impegnarsi nel coinvolgimento di altre compagne e compagni. L’allargamento della vita democratica del partito passa anche dall’avere come priorità un maggiore coinvolgimento di chi avrebbe voglia di militare, ma non trova una adeguata possibilità di azione, al di fuori della partecipazione ad una manifestazione, un volantinaggio, un’iniziativa, una votazione. I Segretari di Circolo a fatica riescono a riunire le proprie realtà ed è chiaro che va invertita la tendenza attraverso la linea politica che emergerà alla fine del X congresso. Le due scissioni che abbiamo subito nell’ultimo anno non ci hanno aiutato ad arrivare nel 2017 più forti di come eravamo, ma non possiamo sempre cercare delle giustificazioni e non provare a ottenere risultati anche dove maggiori sono le difficoltà.
Non sappiamo se si terranno delle elezioni nazionali nel 2017, ma siamo certi che andranno al voto i comuni di Reggello e Rignano sull’Arno. In entrambe le realtà siamo rappresentanti in Consiglio Comunale da compagni di Rifondazione Comunista. Nel primo di questi comuni abbiamo già cominciato ad affiancare Carlo Fei tutti i sabati mattina, mentre per tutta la zona è stato aperto il sito www.prcvaldarno.it. Il nostro Partito non sarà “portatore di acqua” e al contempo saprà interloquire con le altre realtà disponibili a vincere le elezioni con un programma alternativo (da sinistra) alle politiche delle “amministrazioni PD”.
Rispetto al percorso congressuale, avendo partecipato al Comitato Politico Nazionale e avendo all’orizzonte numerose occasioni per argomentare le ragioni per le quali sosterrò il documento a prima firmataria Fantozzi, mi limito ad alcune considerazioni che ho il privilegio di poter fare nell’ottica di Segretario uscente, con una proposta.
In questi mesi il principale argomento di poco entusiasmanti confronti è stato quello dell’Europa. A Firenze abbiamo tentato di riflettere sulla vittoria di Tsipras e su quanto accade a Bruxelles, con un’iniziativa al Circolo Falsini. Oggi Dino Greco promuove degli emendamenti al primo documento, rispetto a questa tematica, così come vi è un dibattito all’interno del documento a prima firmataria Barbarossa. La nostra Federazione può dare indicazioni al livello nazionale nel ripensare la propria forma organizzativa, ma anche sul piano dei contenuti possiamo cercare di dimostrare che un altro modo di confrontarsi è possibile: il gruppo formazione, se vorrà, potrebbe cercare una sintesi tra diverse posizioni, sapendo che non dipendono principalmente da noi le sorti del “vecchio continente”, almeno per ora. Uscire dalla macchiettistica contrapposizione, per cui da una parte ci sarebbero i venduti alleati del Partito Socialista Europeo e dall’altra irresponsabili “rossobruni”, darebbe modo, ad esempio, di leggere posizioni intermedie come quella di Luciano Gallino, da poco scomparso (3). Numerose pubblicazioni di filosofi, sociologi, economisti e militanti politici hanno dato spessore ad una discussione che merita di essere indagata in tutte le sue articolazioni, senza farne terreno di scontro, se non dopo un esaustivo confronto. Ogni sintesi deve essere un punto di partenza per un nuovo processo dialettico. In modo trasversale rispetto ai documenti congressuali, possiamo cercare di avviare questo contributo.
Al Comitato Politico Nazionale, purtroppo, il principale punto di divisione tra i due documenti è apparso essere quello del soggetto unitario della sinistra. Non essendo all’ordine del giorno lo scioglimento del nostro partito, per confluire in Sinistra Italiana, nell’Altra Europa, o in un’altra nuova organizzazione, pare che la faglia congressuale si innesti sulla storia interna al nostro Partito. Capita di sentire le compagne e i compagni dire: “è sempre la solita proposta fallimentare”. Il ragionamento logico però appare fallace. Che cosa vogliono i comunisti? Il superamento dello stato di cose presenti e l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione: è sempre la solita proposta, che dopo oltre un secolo non ha però brillato per efficacia (potrebbe dirci qualcuno). Il 20 gennaio il Sole 24 Ore ha pubblicato un’inchiesta di Claudio Gatti su “Donald Trump e la costruzione del consenso” (4). Come spesso capita per le nuove chiavi di lettura del presente, c’è eccessiva enfasi, da parte del sistema di informazione e dal collegato apparato opinionistico, rispetto al ruolo delle nuove tecnologie e degli algoritmi. Tutto si tiene in una dimensione fin troppo astratta e mitologica nei testi e nelle analisi su cui capita di imbattersi: la categoria di post-verità, a cui avevo fatto riferimento nel CPF di dicembre, il dibattito sulle “bufale” e l’inchiesta del Sole 24 Ore su una società il cui scopo sarebbe quello della manipolazione del consenso. Sulle tecniche adoperate nel XXI secolo nel campo della comunicazione potremo certamente continuare a confrontarci, così come abbiamo fatto nel 2016 con l’iniziativa in San Niccolò, a partire dal film Il Ministro (5). Quello che però volevo limitarmi a citare era un passaggio più semplice e meno controverso, sul fatto che in “una società in cui un numero sempre crescente di elettori sembra non volere essere infastiditi dai fatti, vincono coloro che riescono a condizionare meglio le impressioni degli altri. E più spesso che non, lo fanno con grandi sceneggiate” (6). In un qualsiasi volantinaggio capita di ascoltare affermazioni dette con leggerezza e in alcuni casi tra loro contraddittorie. Alcuni esempi: in politica tutti rubano, Rifondazione non esiste più, il problema della sinistra è quello di essere sempre divisa, i migranti sono il male del Paese, et cetera. Oggi non abbiamo possibilità di agire sul piano della percezione diffusa in modo autonomo, immediato ed “universale”. Fausto Bertinotti era parte del contesto mediatico della cosiddetta Seconda Repubblica e Rifondazione Comunista non era estranea alla vita politica comunemente percepita. Avevamo una visibilità che davamo per scontata e che oggi tendiamo a sovrapporre con gli errori di linea politica, mentre le cose sono almeno in parte separate (come dimostra l’accondiscendenza con cui l’opinione pubblica “perdona” le numerose contraddizioni del Movimento 5 Stelle). Nel 2017 Sinistra Italiana ha un quarto degli iscritti di Rifondazione, ma sarebbe irrealistico pensare che il nostro partito valga elettoralmente quattro volte il gruppo parlamentare nato da SEL e dai fuoriusciti del Partito Democratico. Questo vuol dire inseguire gli altri? No. Però non possiamo nemmeno rinunciare ad agire sul piano delle “impressioni”, scegliendo erroneamente di arricchire l’elenco di realtà che si sono messe in angolo a proclamare “la verità”, senza praticare il campo del consenso. Per Sinistra Italiana oggi non è all’ordine del giorno l’unità. Questo ci identifica come gli unici che propongono alleanze qualificate sui contenuti.
In una severa lettura critica della storia di Rifondazione, Stefano Azzarà, su MicroMega (7), offre, forse involontariamente, un utile contributo per le discussioni del nostro X Congresso. Nel ripercorrere i venticinque anni della nostra storia l’autore ci descrive come un processo non riuscito, sopravvissuto solo grazie ad un patrimonio di memoria andato via via ad esaurirsi. Siamo in grado di rispondere alle sue osservazioni? Ci sono alcuni passaggi di questo articolo che condivido e di cui spero ci sarà occasione di parlare. Altri non li ritengo corretti, così come non mi convince chi, pur dall’interno del PRC, ci descrive continuamente impegnati a costruire un nuovo soggetto unitario. La disponibilità ad allearci sui contenuti è una nostra caratteristica identificativa, che ci è stata riconosciuta anche dal comitato referendario per l’appuntamento del 4 dicembre. Le nostre debolezze non sono dovute a questa caratteristica, sono invece legate ad una scarsa capacità di essere un partito efficace e vivo. All’interno della nostra Federazione quanto tempo abbiamo perso per partecipare ai “tavoli della sinistra”? Forse un ventesimo dell’impegno dedicato al Partito della Rifondazione Comunista. Non credo che abbia alcun senso discutere di cose che non sussistono, a meno che per alcuni non sia troppo anche quel poco di tempo speso a guardare chi ci sta intorno. Se tutti auspichiamo di poter presentare il simbolo di Rifondazione Comunista, con risultati dignitosi, dovremmo discutere su come farlo, dato che nell’immediato ciò appare impossibile anche a larga parte del corpo militante. Secondo Azzarà oggi saremmo ridotti “a poco più di un logo, ovvero a un franchising di gruppuscoli locali che sopravvivono quasi soltanto sui social network (a parte poche realtà che resistono nel mondo reale con infiniti sforzi di volontarismo), esso sembra del tutto incapace di rigenerarsi” (8). Saremmo inoltre ostaggi di Paolo Ferrero. La realtà è che i veri ostaggi sono le comuniste e i comunisti senza partito, a tratti ossessionati dalla nostra (per loro) inspiegabile sopravvivenza. Credo sarebbe maturo ed importante dimostrare quali critiche sono ingenerose ed errate, partendo dalla capacità di rispettare gli obiettivi che ci daremo. In questo senso il mio impegno da Segretario uscente sarà quello di tenere lontana ogni vuota polarizzazione congressuale, facendo del X congresso l’occasione di rilancio del Partito all’interno della nostra Federazione che, insisto a dire, cogliendo l’opportunità della presenza del Segretario nazionale, può dare un esempio costruttivo ed utile per tutte e tutti.
In questi 18 mesi sono molte le cose che ho imparato, soprattutto nel confronto critico e nel verificare gli errori attraverso le pratiche. Principalmente penso di aver compreso l’umiltà necessaria a smontare reazioni pavloviane nei passaggi ufficiali della vita interna del Partito. Il 2017 sarà un anno importante, abbiamo le possibilità e gli strumenti per renderlo significativo.
Vogliamo una società dove ci sia più benessere e più libertà per tutti, rompendo lo sfruttamento dei pochi su molti, costruendo una solidarietà di classe e una cooperazione basata su rispetto e dignità. Soprattutto durante la fase congressuale abbiamo bisogno di essere, nel nostro piccolo, quella realtà che vogliamo costruire, di praticare quel cambiamento verso cui ognuno di noi è impegnato, senza dare per scontate le ragioni profonde per cui ogni iscritto a Rifondazione Comunista è ancora impegnato per vedere sorgere il sole dell’avvenire.
1. Victor Serge, Da Lenin a Stalin, Bollati Boringhieri, Torino, 2017 (ed. or. 1937), p. 5.
2. Ivi, p. 13.
3. Luciano Gallino, Come (e perché) uscire dall’euro, ma non dall’Unione europea, Laterza, Bari-Roma, 2016.
4. Claudio Gatti, Donald Trump e la costruzione del consenso, gradozeroblog.it, 20 gennaio 2017, sul Sole 24 Ore del 20 gennaio 2017, p. 1 e p. 22.
5. Il ministro – L’esercizio dello Stato (L’Exercice de l’État), film del 2011, scritto e diretto da Pierre Schöller. La sinistra mette tristezza? è il titolo dell’iniziativa svolta il 16 aprile 2016 all’URL di San Niccolò a Firenze.
6. Claudio Gatti, Donald Trump e la costruzione del consenso, art. cit..
7. Stefano G. Azzarà, Il triste tramonto dell’eredità del movimento operaio in Italia e la crisi della sinistra politica, temi.repubblica.it/micromega-online/, 16 gennaio 2017.
8. Ivi.