Intervento del Segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Dmitrij Palagi, all’iniziativa “Attuare la Costituzione: quali prospettive?”, tenutasi a Firenze il 22 giugno 2017
La vittoria del referendum costituzionale del 2016 ha aperto uno spazio politico importante. Le elezioni amministrative di poche settimane fa, anche sul nostro territorio, hanno confermato una tendenza quasi naturale nel portare avanti esperienze unitarie tra le ragioni del no proprie delle forze di sinistra. Presentarsi con programmi simili, posizioni comuni ma divisi in liste diverse, rafforzerebbe una perdita della già scarsa credibilità di cui godono i partiti.
Come Rifondazione Comunista confermiamo anche a livello locale l’interesse a rafforzare la battaglia per l’attuazione della Costituzione, in una prospettiva diversa rispetto a quella dei Cinque Stelle o delle destre.
Non penso ci debbano essere selezioni all’ingresso: si può aver votato sì il 4 dicembre ed aver cambiato idea. Nessuno di noi è titolato a rappresentare una vittoria comune e il senso stesso della battaglia politica che abbiamo fatto non era per intestarsi una vittoria. La militanza, per le comuniste e i comunisti, è finalizzata ad essere utile strumento per la classe sociale di riferimento, per quei settori che vivono del loro lavoro o cercano un lavoro per sopravvivere. La difesa della sanità pubblica, il rafforzamento del sistema previdenziale, minacciato dai fondi privati, la tutela del territorio, le lotte per il diritto all’abitare, la centralità di un sistema di istruzione pubblico (di qualità e gratuito), la legittimità delle lotte organizzate dei lavoratori e delle lavoratrici: sono solo alcune delle priorità su cui siamo impegnati e lo scopo è ottenere risultati concreti, miglioramenti tangibili.
Sugli obiettivi che abbiamo dobbiamo però fare chiarezza: ad esempio, il sistema sanitario della Regione Toscana è il modello di sanità pubblica per il quale dobbiamo batterci? Il modello Expo è un esempio dei rapporti di lavoro da promuovere tra le nuove generazioni? Per noi la risposta a entrambe le domande è no.
Sono comunque convinto che non abbia senso richiedere abiure. Nessuno di noi siede dietro un tavolo inquisitorio ed esamina chi si propone per un percorso unitario di sinistra. Lasciamo da parte tutti i dibattiti sulla coerenza e la credibilità. Ma non permettiamoci nessuna ambiguità sul presente e soprattutto sul futuro, sulle cose da fare. Se incompatibilità c’è che sia sui contenuti reali e non sulle formule ad effetto, quale la vuota etichetta dei trozkisti dell’Illinois.
Ci vuole grande intelligenza per mettere da parte ogni pregiudiziale, sapendo che deve essere uno sforzo condiviso da tutte le parti. Guardando fuori da noi però potremmo trovare alcune indicazioni sul come farlo.
L’onorevole Biancofore ha contestato la nostra Carta Costituzionale, pochi giorni fa, in prima serata, denunciando la distanza tra le conquiste della Resistenza e altre democrazie più aperte ai principi della proprietà privata, accusando persino il Partito Democratico di essere contro l’economia di mercato…
Esiste una sinistra diversa dalla destra. O meglio esiste lo spazio per costruirla. Essere di governo vuol dire avere un’idea chiara di cosa si vuole e di quale è il programma su cui si chiede il voto, non governare a prescindere dalle idee. Si può essere di governo anche stando all’opposizione. Quindi dobbiamo utilizzare tutti gli spazi disponibili per confrontarci sul che fare, sapendo che per gli obiettivi che ci poniamo l’unità è la sola forza che abbiamo, avendo contro una società dove le risposte non individuali vengono ridicolizzate o esplicitamente avversate.
Come Rifondazione abbiamo condiviso l’impegno referendario portando avanti le ragioni di classe del no. Volantini, iniziative, manifestazioni, presenza all’interno dei processi reali della società: il tutto senza mai togliere niente ai percorsi comuni. Ognuno può arricchire lo spazio comune con le proprie peculiarità, purché siano condivisi gli obiettivi.
Se ci facciamo risucchiare dalle sconfitte degli ultimi venti anni saremo certi di aver fallito. Nel caso quelli come me, o ancora più giovani, farebbero bene ad abbandonare ogni speranza che esista uno spazio per una sinistra adeguata alle sfide del nostro tempo.
Ci vuole quindi determinazione, onestà intellettuale e grande capacità di confronto. In questo modo la vittoria del 4 dicembre diventerà ancor più storica.