Anna Nocentini, Segreteria provinciale PRC Firenze
Il percorso intrapreso dalla Federazione si pone come obiettivo quello del confronto e dell’analisi della situazione dei servizi sociali a Firenze e nella provincia. Se, infatti, negli ultimi tempi il dibattito sulla sanità ha subito una decisiva accelerazione, portando il tema al centro del dibattito politico, la parte inerente ai servizi sociali è rimasta da una parte. Considerato inoltre che nei documenti ufficiali è sempre più frequente la formula socio-sanitario anche per prestazioni finora sanitarie, partire dal sociale diventa una necessità inderogabile per affrontare il tema dell’assistenza e della salute dei cittadini, sempre facendo riferimento agli articoli 32 e 38 della Costituzione.
Abbiamo aperto il confronto partendo dalla fase iniziale del percorso che un cittadino in condizione di necessità compie, ovvero come avviene l’incontro tra il cittadino e l’istituzione che fornisce il servizio: quali persone incontra, in quali luoghi e con quali tempi; successivamente il momento in cui entra in gioco la mediazione dell’assistente sociale e in alcuni casi l’amministratore di sostegno. In questo senso, abbiamo voluto ricordare la storia del compagno Hasan, emblematica di questo percorso e della difficoltà di far convergere i bisogni di una persona con le pratiche e le procedure messe a disposizione dai servizi.
Le varie testimonianze raccolte hanno evidenziato problemi comuni e più o meno da tutte si può ipotizzare la necessità di intervento sulla struttura organizzativa degli attuali centri sociali o sulle modalità operative che questi mettono in pratica.
In primo luogo, tra le problematiche generali sono stati evidenziati un atteggiamento difensivo degli operatori che alle volte arriva ad essere addirittura respingente, modalità “da controllori” da parte assistenti sociali, modalità di costruzione di rapporti che non tengono conto della specificità della persona (fino ad arrivare a casi di mancanza di rispetto) eccessi di burocrazia, mancanza di comunicazione fra i diversi settori dei servizi, tempi di attesa insostenibili per iniziare il percorso con l’assistente sociale, mancanza di corretta informazione e adeguata formazione degli assistenti sociali, presenza di personale non a tempo indeterminato, ricorso alle esternalizzazioni, mancanza di risposte e di risorse, mancanza di chiarezza delle finalità nei rapporti con il privato e il privato sociale che genera sfiducia nel servizio pubblico. È scontato che un quadro del genere non semplifichi, anzi tutt’altro, lo svolgimento del lavoro dell’assistente sociale.
Sono stati ipotizzati alcuni interventi sull’organizzazione, quali la valorizzazione dei servizi di front office, come filtro per l’accesso ai diversi servizi, l’ assunzione di personale a tempo indeterminato, escludendo assolutamente interinali che si ritrovano a svolgere il proprio lavoro avendo sì un titolo di studio ma senza la conoscenza di un settore complesso e articolato come quello sociale, la formazione adeguata degli operatori al continuo cambiamento normativo.
Riteniamo necessario, assieme a quanto detto, un processo di semplificazione che, ad esempio, renda automatici alcuni servizi, come il pacco alimentare o l’esenzione per la mensa che sono basati esclusivamente sulla fasciazione ISEE, senza che sia necessario passare dall’assistente sociale. Altro campo che necessita di semplificazione è quello del REI (Reddito di Inclusione), che al momento occupa molte energie del personale addetto ma viene, nei fatti, attribuito ad un numero bassissimo di beneficiari.
Sono ritenuti necessari, inoltre, la verifica dell’effettivo risultato dei progetti (effettuata con i soggetti interessati), la corretta informazione dei cittadini su quelli che sono i loro diritti )indispensabile nel trattare con le istituzioni) e il rispetto dei tempi (appuntamenti, scadenze, ecc…). Per fare tutto ciò, è indispensabile il recupero delle pratiche e delle modalità di lavoro di gruppo (significativa la testimonianza di qualche lavoratore sulla notifica via cellulare di una nuova prestazione da eseguire), sia per favorire il percorso di ricomposizione del bisogno del cittadino sia quale momento di reciproca informazione/formazione.
In questo senso, intendiamo verificare i Regolamenti del settore sociale del Comune di Firenze per capire quali sono i meccanismi di verifica e controllo del settore.
La successiva riunione, 14 novembre, si è aperta sulle parole dell’inizio del film di Ken Loach “Io, Daniel Blake”, esempio fortissimo della incapacità di mettersi in relazione fra cittadino e assistente sociale, quasi parlassero due lingue diverse.
Anche in questo caso sono emerse ulteriori criticità specifiche: discontinuità degli operatori domiciliari anche per prestazioni personali come il bagno degli anziani non autosufficienti, mancanza di relazione umana, percezione di astio di fronte ad alcuni disagi e comportamento giudicante da parte degli operatori e degli assistenti. Si aggiunge la difficoltà di approvvigionamento di materiale sanitario sempre più scarso.
In questa situazione appare cruciale la perdita del senso del diritto. Nessun operatore sociale, a nessun livello, informa il cittadino dei suoi diritti, magari aggiungendo solamente che le risorse non sono sufficienti a garantirli; nessun operatore si fa tramite presso l’Amministrazione dell’insoddisfazione dei cittadini.
Su questo si dotrebbe aprire una vertenza e predisporre atti di indirizzo perché gli assistenti sociali informino i cittadini e perché l’Amministrazione stessa produca materiale che informi dei diritti in base alla Costituzione e alle leggi vigenti (ad esempio, sulla questione degli anziani il comune di Nichelino in Piemonte aveva prodotto un dépliant).
Poche informazioni si hanno sull’attività di controllo che dovrebbe essere esercitata sugli appalti dei servizi: dovrebbe essere la Direzione dell’Assessorato ad occuparsene.
Abbiamo inoltre verificato che sul sito del Comune, nella sezione Statistica, l’ultimo annuario che riporta i dati del settore sociale risale al 2011, mentre prima era quasi regolarmente annuale. I dati on line del sociale non vanno oltre il 2013 e quelli sanitari in qualche caso arrivano al 2014 non oltre. E’ difficile organizzare servizi senza conoscere la consistenza del bisogno, si rischia che l’unico parametro di riferimento sia la disponibilità economica!
In assenza (giustificata!) di compagni e compagne che lavorano nel settore, non si è sviluppata l’ipotesi, abbozzata nel primo incontro, di mettere in piedi una piccola rete fra le persone direttamente coinvolte o come lavoratori o come utenti del servizio. Questa rimane però la prima ipotesi di lavoro praticabile all’interno del Partito, sia per dare continuità e avanzare delle proposte operative sia per non gravare eccessivamente sui tempi dei compagni. La rete dovrebbe servire per lo scambio di informazioni, esperienze ma anche a porci domande che diventino la base per rivendicazioni. Ad esempio, abbiamo già un volantino che pone alcune questioni sui lavoratori della domiciliare; altro esempio, chi lavora con associazioni che operano nel sociale si trova a contatto con diversi casi di malati psichiatrici ultrasessantacinquenni che diventano anziani e non più psichiatrici oppure persone che vengono dimesse dall’ospedale in condizioni di non autosufficienza. Una rete, per quanto elementare, potrebbe aiutare a capire come trattare queste situazioni e a mettere in comune le esperienze.
Altro punto su cui lavorare è quello della formazione, della relazione fra le professioni e dell’educazione.
Prevederemo quindi un prossimo incontro pubblico da pubblicizzare non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra gli utenti: avere quindi il contributo di una piccola rete organizzata all’interno del Partito e del vissuto dei cittadini.
Anna Nocentini