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- I documenti approvati in sede di Comitato Politico Nazionale l’11 marzo 2018 cliccando qui.
- Il documento respinto in sede di Comitato Politico Nazionale l’11 marzo 2018 cliccando qui.
Dopo i risultati elettorali: introduzione al Comitato Politico Federale di Firenze
Introduzione al Comitato Politico Federale di Firenze da parte del Segretario provinciale Dmitrij Palagi, 13 marzo 2018.
Care compagne e cari compagni,
non vi propongo una analisi del voto o la cronaca di una sconfitta.
Avanzo una ipotesi di lettura sul dove siamo e tento di sviluppare una proposta sul che fare.Siamo già da dieci anni fuori dal Parlamento e non avete bisogno di incoraggiamenti per conservare la consapevolezza dell’importanza di non abbandonare la lotta. Abbiamo fatto troppa strada, con troppi sacrifici, per permetterci di arrenderci.
Potremmo forse aggrapparci ad alcuni risultati parzialmente soddisfacenti nella nostra Federazione, consolandoci guardando alla disfatta delle altre opzioni politiche della sinistra italiana. Credo però sia più utile guardare con coraggio al risultato ottenuto con Potere al Popolo e provare a capire come continuare, ma meglio e in modo diverso.
Non c’è nessuna quiete dopo la tempesta.
Noi non partivamo da zero.
Non vi ringrazio quindi solo per la campagna elettorale, ma per tutti gli anni in cui siamo riusciti a mantenere in piedi un’organizzazione rivelatasi fondamentale per rispondere alla irresponsabile scelta di Anna Falcone e Tomaso Montanari, quando hanno annullato la nuova assemblea del percorso di un’«alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza», a due giorni dalla data in cui si sarebbe dovuta tenere.
Certo sarebbe errato non riconoscere gli sforzi fatti da tutte e tutti noi, in ogni fase di questa difficile campagna elettorale (breve, intensa e condotta in un clima complicatissimo).
In particolare un riconoscimento va a chi ha scelto di rappresentare il Partito anche sul piano delle candidature. Ho sottratto fin troppo tempo all’ultimo Comitato Politico Federale per spiegare come alla base della mia scelta di non presentare il Segretario alle elezioni vi fosse la convinzione che fosse possibile superare la soglia del 3%. Riconosco di aver sbagliato completamente la lettura, ma i risultati ottenuti non tolgono assolutamente niente al valore della militanza praticata in queste settimane e in questi anni.
I risultati elettorali del 4 marzo 2018 credo confermino una distanza abissale tra il come noi intendiamo la politica e il significato diffuso attribuito a questa pratica.
In quanti pensano sia inevitabile ridurre la propria partecipazione alla vita pubblica disegnando semplicemente una “x”? Quante persone, anche all’interno dei nostri movimenti di riferimento, si orientano nelle loro scelte elettorali in base all’effetto immediato di una votazione? Ci sono molti punti su cui mi piacerebbe soffermarmi.
Ne cito uno solo: Lega Nord e Movimento 5 Stelle governano già importanti enti locali (grandi città, regioni, comuni), ma ci raccontano di quanto queste forze sarebbero antisistema, rafforzando il loro consenso in larghi settori dell’opinione pubblica.
A una settimana dalla fine delle dirette televisive sugli spogli ci sono già decine e decine di commenti, analisi, studi sui flussi, discussioni stratificate.
Non voglio aggiungere la relazione introduttiva a questo filone.
Provo invece a essere a svolgere più breve che in passato.
Non ha molto senso, ora, chiedersi se potevamo fare altrimenti. Direi di più: anche laddove abbiamo commesso errori non dobbiamo chiedere scusa a nessuno né disconoscere la volontà condivisa che ci muove quotidianamente.
Non siamo riusciti a concretizzare un percorso che invertisse la tendenza alla consunzione del nostro Partito. Le feste e il due per mille ci hanno rassicurato, ma è evidente come non possa bastare tutto quello che è stato.
Il mio mandato in questo senso è a disposizione, sentendomi parte di quel gruppo dirigente diffuso che – a prescindere dalla collocazione congressuale – non è riuscito a elaborare una adeguata strategia. La mia disponibilità resta comunque la stessa e vi invito a non concentrarci sugli incarichi.
Avanzo una proposta, ma vincolo la possibilità di terminare il mandato congressuale a due condizioni: qualsiasi cosa decideremo di fare dovrà essere segnata da una liberazione della discussione e ritengo importante essere accompagnato dalla stessa Segreteria provinciale, con cui in questi ultimi mesi abbiamo tentato nuove strade. Non è stato fatto abbastanza, ma è ancora prematuro abbandonare quella pratica del dubbio iniziata a delinearsi nella nostra Federazione.
Mettersi in discussione non vuol dire abbandonare gli orizzonti di senso in cui collochiamo il nostro agire. Nessuno ci costringe a proseguire l’esperienza del Partito della Rifondazione Comunista. Ci accomuna la convinzione che sia necessario farlo e abbiamo il dovere di verificare nella società quali sono le ragioni effettive del nostro continuare a esistere. Non abbiamo più veramente niente da perdere.
All’interno dell’ultimo Comitato Politico Nazionale, purtroppo, mi è parso sia mancata la possibilità di liberare la discussione e il confronto, rispetto agli schemi a cui siamo abituati. Dobbiamo maturare questa capacità, cercando le risposte fuori da noi. Anche per questo, pur votando uno dei due documenti contrapposti, ho preferito astenermi sull’ordine del giorno unitario. Mi è parso sia prevalso l’ottimismo della volontà sul pessimismo della ragione, per usare un’espressione più che abusata da tutte e tutti noi. Occorre invece un sano equilibrio, soprattutto in tempi in cui noi siamo l’1% e gli altri il 99% (sono fermamente convinto dell’utilità dell’autoironia in questa fase).
Un compagno ha scritto provocatoriamente che al Lucca Comics&Games ormai ci sono più persone di quelle che si ritengono di sinistra… Mi sembra uno spunto utile: se ancora esiste chi sente l’esigenza di andare al cinema o a una fiera in compagnia, difficilmente una persona con cui prendiamo il caffè nel posto di lavoro riesce a comprendere perché passiamo tre o quattro sere a settimana a fare riunioni.
Ridare un significato al nostro agire, in una contemporaneità che si racconta fluida, può accadere solo guardando ai numeri reali.
Dobbiamo tentare nuove pratiche senza rischiare di riempire i nostri giorni con l’idea che non sappiamo che altro fare e allora si va avanti.
Trovate per questo uno schema con i voti assoluti presi dalle elezioni del 2013 fino a oggi, in tutti i comuni della nostra provincia. Proviamo ad affiancarci i dati del nostro tesseramento, imponendoci di sapere ogni giorno quante iscritte e iscritti abbiamo, quanti militanti sono disponibili sul territorio.
I risultati di questa Federazione, spesso superiori alle medie nazionali, ci possono permettere di dire senza ingenerosità che non siamo comunque abbastanza.
Nelle modalità di questa campagna elettorale abbiamo visti confermati tutti i limiti nel muoverci come Partito.
Vi propongo di aprire un percorso di confronto in tutti i nostri Circoli aprendoli a chi vorrà partecipare alle discussioni. Le elezioni sono ancora un tema di attualità, nei bar, nei luoghi di lavoro, in quelli di studio, nei pochi spazi di aggregazione rimasti… Iniziamo a discutere del 2023 e anche con chi non ha scelto Potere al Popolo, pur sentendosi vicino alla nostra identità.
Volantiniamo nella zona in cui si tiene la riunione dieci giorni prima, annunciandola e invitando alla partecipazione, anche con la provocazione “Ah, Rifondazione esiste ancora?”. Invitiamo chi condivide con noi gli impegni nell’associazionismo e nelle vertenze, senza accontentarci di quelle interlocuzioni già parte di Potere al Popolo. Facciamolo inoltre con i nostri istituzionali. Condividiamo quelle pratiche positive che hanno garantito singoli risultati positivi in alcuni territori. Guardiamo a noi stessi con consapevolezza e non facendo finta di saper intorloquire con le masse – o rappresentarle. Ricostruire coscienza di classe non vuol dire insegnare qualcosa, ma praticare la politica con chi subisce lo sfruttamento nella società.
I gruppi di lavoro, le conferenze di organizzazione, i congressi straordinari non ci aiuteranno. Non potranno farlo nemmeno – se isolate – le riunioni o i seminari, le iniziative o le presentazioni dei libri, la presenza negli organi di informazione o la visibilità alle manifestazioni. Occorre irrompere nella realtà quotidiana, creando una forma di partecipazione assente non solo in Italia (anche se certo i risultati elettorali negli altri paese rimangono un orizzonte invidiabile, essendoci dimenticati di essere stati il primo partito comunista all’inizio del XXI secolo). Con il movimento dei movimenti abbiamo liquidato con troppa leggerezza la forma partito, oggi la diamo troppo per scontata. Ripensarci e sperimentare può essere una indicazione di metodo preziosa.
Una campagna di confronto e dialogo da accompagnare al tesseramento, con l’impegno ad ancorarci a numeri assoluti e reali, a non mancare dagli impegni condivisi e presi.
Sono molte le cose da fare. Amministrative, europee, feste, presidi, … Ci mettiamo pochi giorni a recuperare la normalità a cui ci siamo abituati in questi dieci anni. Mettiamo a valore la sconfitta. Sapremo così risolvere anche le preoccupazioni su come portare avanti il partito e le esperienze unitarie di cui siamo parte (Potere al Popolo, Rete delle Città in Comune, l’Altra Europa con Tsipras, Firenze Riparte a Sinistra, Sì – Toscana a Sinistra).
Chi siamo noi? Le iscritte e gli iscritti di Rifondazione Comunista. Ridiamo un senso reale e condiviso a questo, che sia una pratica effettiva (e non – solo – un documento scritto). Liberiamo la discussione e pratichiamo il coinvolgimento di nuove energie, imparando a sviluppare meglio anche la dialettica interna e la condivisione della linea politica, che è fatta sì di posizioni di sintesi, ma anche di comune militanza.