Situazione dei C.A.S. (centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo) a Firenze – 03.2017

SITUAZIONE DEI C.A.S. (per richiedenti asilo) A FIRENZE (18-19 marzo 2017)

Con la presente relazione si intende fornire una breve panoramica sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo nella provincia di Firenze, mettendo in luce varie criticità.

Innanzitutto si descrivono alcune disfunzioni del sistema:

  • Questura: si osserva il ritardo nel rilascio dei permessi di soggiorno, talvolta vengono consegnati alla scadenza o anche già scaduti.

Inoltre si registra il cambiamento continuo, irrazionale e frenetico delle procedure riguardanti il rilascio del primo pds per richiesta d’asilo: prima veniva rilasciato il cd. cedolino (ricevuta della richiesta di pds) e solo molti mesi dopo veniva rilasciato il pds (il codice fiscale veniva rilasciato in versione alfanumerica e definitiva dall’agenzia delle entrate); poi veniva rilasciata l’attestazione della presentazione della domanda di protezione internazionale valida come primo pds con l’indicazione del c.f. numerico provvisorio; adesso viene rilasciato un cedolino per circa una settimana e poi viene consegnato il pds con c.f. alfanumerico. Queste diverse procedure si sono susseguite nell’arco di sei mesi.

  • Esenzione sanitaria: si registra un’irrazionalità nel funzionamento dell’esenzione sanitaria per i richiedenti asilo. Infatti per i primi due mesi, periodo in cui i richiedenti asilo non possono svolgere attività lavorativa, viene concessa l’esenzione E02 tout court, poi può essere rinnovata solo per i successivi 6 mesi, ma tale rinnovo è subordinato all’iscrizione al Centro per l’Impiego per certificare lo stato di disoccupazione. Ma il Centro per l’Impiego non iscrive i richiedenti asilo senza residenza e non può iscrivere i richiedenti asilo con c.f. numerico provvisorio (che veniva rilasciato dalla Questura qualche mese fa). Quindi può succedere che alcuni richiedenti asilo abbiano l’esenzione solo per due mesi. In ogni caso, bene che vada, l’esenzione è riconosciuta solo per 8 mesi, mentre invece la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale è molto più lunga (anche anni), e non a causa del richiedente asilo, ma a causa dei tempi e dei ritardi nella procedura. Questo comporta che le spese sanitarie siano a carico degli enti gestori dei CAS e, circostanza che si traduce nel fatto che molte prestazioni sanitarie non vengono effettuate ai danni dei richiedenti asilo (per esempio prestazioni dentistiche).

Tutto ciò è aggravato dal fatto che il codice ERA attribuito alla fascia di reddito minima non può essere rilasciato a chi ha fatto ingresso nell’anno in corso o nell’anno precedente per l’impossibilità di autocertificare il reddito prodotto all’estero.

Tutto questo caos e questi disfunzionamenti fanno parte del modello di accoglienza Toscano, del modello Rossi.

  • Residenza: alcuni Comuni (non il Comune di Firenze) fanno delle resistenze a concedere la residenza ai richiedenti asilo, mentre è un loro diritto, a causa del timore di ritrovarli in carico ai servizi sociali territoriali. Modello Rossi!

Sostanzialmente i CAS garantiscono vitto, alloggio e minima assistenza legale, quindi la sopravvivenza, mentre tutto il resto è rimesso alla buona volontà degli operatori (corsi di italiano, corsi di formazione, tirocini, le famose attività di volontariato, attività sportive, ecc.).

A questo si aggiunga che il regolamento dei Cas, predisposto dalla Prefettura, prevede che se un richiedente asilo lavora (i richiedenti asilo possono svolgere attività lavorativa dopo due mesi dalla presentazione della domanda di protezione internazionale) deve mostrare il contratto di lavoro e se guadagna più di 500 euro circa al mese perde il diritto ad essere accolto, quindi viene allontanato dal Cas.

Ora, bisognerebbe capire come uno straniero che guadagna 500 euro al mese, magari con contratto a tempo determinato o stagionale o a chiamata possa fare a pagarsi un affitto, anche solo di una stanza, e anche campare!!!!

Quindi questo vuol dire necessariamente che i migranti privilegeranno il lavoro nero, saranno contenti di lavorare senza contratto, saranno loro a preferire di lavorare senza tutele e sfruttati e questo vuol dire scegliere istituzionalmente di favorire il lavoro nero.

Naturalmente questo è preordinato al fatto che i migranti siano funzionali allo sviluppo dell’attuale modello neoliberista, che si serve di manodopera a basso costo o a costo zero. Infatti, al di là dei Cas, in altri progetti (quali SPRAR: Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) i richiedenti asilo o rifugiati sono impiegati indiscriminatamente nei famosi tirocini (sono noti tirocini di anni come aiuto cuoco, come muratore, come pizzaiolo e tale durata non è certo dovuta al tempo necessario ad imparare a svolgere queste mansioni!)

  • Per quanto riguarda il fulcro del Modello Rossi, ovvero le piccole strutture diffuse sul territorio si evidenziano le seguenti circostanze:

  1. Tali strutture derogano alle norme igienico-sanitarie e sulla sicurezza (in riferimento ai servizi igienici in rapporto al numero delle persone accolte, agli impianti non a norma, all’assenza di estintori, ecc.);

  2. Presenza di alcune strutture grandi e con molte persone accolte (anche più di 90 !);

  3. Molte strutture sono concesse agli enti gestori in comodato d’uso gratuito, quindi la retta prevista a persona, viene percepita al netto delle spese di locazione, ma a questo non corrisponde un miglioramento delle condizioni di vita o un aumento dei servizi.

Si dà atto che in queste strutture gli utenti vengono inviati dalla Prefettura, quindi il punto non è che mancano i controlli, ma questa situazione è legittimata dallo stesso eventuale “controllore”. Il tutto è motivato dall’emergenzialità: l’affrontare l’accoglienza dei richiedenti asilo come situazione di emergenza fa sì che si possa derogare a tutta una serie di norme che in condizioni normali andrebbero rispettate. Il problema è che si parla di “emergenza” per una situazione ormai consolidata da anni.

  • Sempre l’emergenzialità giustifica anche altre due situazioni:

. la pratica dei continui trasferimenti e apparentemente immotivati dei richiedenti asilo da una struttura all’altra, con i migranti trattati come “pacchi”;

. e la promiscuità in cui sono collocati i minori stranieri non accompagnati. Accade, infatti, che spesso i m.s.n.a. sono ospitati in strutture Cas per adulti (mentre invece per legge devono essere collocati in strutture specifiche solo per minori).

  • L’altro punto nevralgico della situazione dell’accoglienza dei richiedenti asilo è la situazione dei lavoratori degli enti gestori:

in particolare le cooperative sociali ricorrono a lavoratori giovani o stranieri (questi ultimi impiegati soprattutto nelle portinerie), categorie facilmente ricattabili. Mossi dall’iniziale slancio emotivo verso i “bisognosi” richiedenti asilo, che li porta inizialmente ad accettare sacrifici richiesti dall’ente, quali trattenersi oltre l’orario di lavoro, movimentare carichi (attività che non rientra nella loro mansione e per la quale non hanno ricevuto la formazione obbligatoria), trasportare gli utenti da un luogo ad un altro anche con i propri mezzi di trasporto, ecc., questi lavoratori si ritrovano in una situazione di sfruttamento a cui è difficile poi sottrarsi. Siamo arrivati ad osservare il paradosso di qualcuno che ha preso ferie per partecipare alla formazione obbligatoria sulla sicurezza.

Inoltre si registra l’assenza dei sindacati (pochi sono gli iscritti fra i lavoratori).

I lavoratori non ricevono formazione, se non quella obbligatoria derivante dal testo unico sulla sicurezza, spesso svolta, non a caso, da enti collegati a quello di appartenenza.

Al momento dell’assunzione non sono informati dell’esistenza dell’RLS.

C’è un ampio ricorso ai contratti a chiamata.

Si registra che ci sono casi in cui l’ente gestore del Cas subappalti ad altro ente alcuni servizi (per esempio siamo a conoscenza di un Cas affidato ad un Consorzio di Cooperative Sociali, che a sua volte ha affidato il Cas a due cooperative, le quali hanno subappaltato il servizio di pulizie ad una terza cooperativa).

Concludendo si osserva come il famoso “modello di accoglienza toscano” possa essere considerato tutt’altro che un modello meritevole di essere replicato, ma appare più un vuoto slogan; che i migranti sono tutt’altro che il centro di interesse dell’accoglienza; che i lavoratori degli enti gestori dei Cas sono una categoria, per usare un eufemismo, poco tutelata e che emerge l’assoluta necessità di lanciare una coscienza di classe che unisca gli “ultimi” dell’intero sistema, intendendo ricomprendere in questa categoria gli individui resi marginali dal sistema neoliberista, dai migranti ai lavoratori.

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